venerdì 29 marzo 2013

Nel nome della responsabilità


Il leader del Pd chiede al Parlamento uno sforzo di responsabilità: insiste sulla necessità di formare un esecutivo “politico” in grado di risolvere le emergenze interne ed esterne del paese, evitando una pericolosa impasse politico-istituzionale. La dialettica della “responsabilità” ha però i suoi rischi (e i suoi limiti). Il M5S continua ad essere trattato con eccessiva sufficienza: a una forza che ha ottenuto, più o meno, lo stesso consenso di chi è stato incaricato di formare il governo, si chiede di snaturare la propria vocazione antipartitica sostenendo un governo presieduto da uno dei principali idoli negativi di Grillo. Contemporaneamente, si pretende che il Pdl, che non ha ottenuto la Presidenza della Camera né quella del Senato, e che ha subìto per mesi una campagna di delegittimazione feroce, rinunci, gratis et amore dei, a un candidato “moderato” per il Quirinale.
Insomma, in una situazione in cui il peso dei soggetti politici usciti dalle urne, almeno al Senato, è pressoché equivalente, Bersani dovrebbe spiegare su quali basi sperava di ottenere la collaborazione dei suoi avversari.
Quando si tornerà alle urne, presto o tardi che sia, la crociata della responsabilità indetta dal segretario del Pd potrebbe però rivelarsi un terribile boomerang: con quale spregio degli ideali di pubblica utilità potrebbe infatti rifiutarsi, un giorno, di collaborare con il governo “debole” di uno dei suoi avversari? 

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