Il cardinale Bergoglio ha scelto di presentarsi al mondo come
apostolo del cambiamento. A partire dal discorso d’insediamento, con la
richiesta di una benedizione dal popolo
e lo spunto sulla collegialità del proprio mandato. Oppure ostentando una
condotta parca e per così dire popolare, nei giorni immediatamente successivi.
Dopo Ratzinger serviva un pontefice non europeo (il vecchio continente perde
cristiani, mentre l’america latina viaggia a ritmi di “crescita” in doppia
cifra) e “sopra le righe”, ma l’impressione che ne ho ricevuto è quella di un
confuso, telegenico modernismo; e se è vero che è presto per giudicare, è
altrettanto vero che le stravaganze della prima ora sembrano piuttosto il
segnale di una rottura superficiale, quasi improvvisata, non sostanziale. Come se
il vento dell’antipolitica, nulla più, fosse passato sopra il comignolo di
piazza San Pietro. Da Giovanni XXIII in poi, infatti, questi atteggiamenti
hanno più il sapore della muffa che della novità, tanto da far sembrare davvero
rivoluzionaria, al confronto, la composta sobrietà del Papa dimissionario.
Anche la scelta del nome è tutt’altro che una garanzia e anzi può risultare
ridicola se misurata sulla storia (e dunque anche sul presente) secolare della
Chiesa. Insomma i francescani di cui parla Dante nella Commedia dovevano soltanto il nome al frate povero di Assisi, di
cui non seguivano le orme, procedendo anzi in senso contrario rispetto agli
insegnamenti del maestro: nel dodicesimo del Paradiso sono il “loglio” (la
zizzania) dell’orto della Chiesa. Ecco: questo pontefice dovrà allontanare da
sé l’ombra di un rima impietosa.
Sono totalmente d'accordo; e aggiungo (sperando non la ritenga un'offesa) che sei sulla buona strada per diventare un nuovo Michele Serra (anche se ha scritto una cosa totalmente opposta)... :-)
RispondiEliminaSì, ho letto "L'Amaca" di Serra sull'elezione di Francesco I. In generale leggo e apprezzo i suoi interventi. Grazie, Sandro.
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