martedì 26 febbraio 2013

Il sistema "tribolare"


Secondo un sondaggio Censis riportato dal Corriere della sera più del 40% degli elettori del M5S proviene dall’ormai ex centrosinistra (Pd, Italia dei Valori, Sinistra Arcobaleno). Il dato è impressionante. E del resto spiega l’erosione di voti che hanno subìto tutti i partiti che facevano parte di quella coalizione alle politiche del 2008. Questa tornata elettorale segna infatti il passaggio (storico) da un universo bipolare, che tendeva ad attrarre le realtà politiche meno consistenti, ad un sistema “tribolare”, in cui il terzo polo è veramente terzo e, stando alle premesse, non si lascerà assorbire da una parte o dall’altra. Bersani ha enormi responsabilità sull’esito di questo voto: la sua campagna è stata fin troppo accesa (lo so, quest’aggettivo sembra incompatibile con il vocabolario del segretario emiliano) quando si è trattato di liquidare Matteo Renzi nelle consultazioni interne al partito e troppo blanda quando, dopo le primarie, il partito si è esposto al giudizio degli elettori. Il progetto era chiaro: giocare in difesa e mantenere il vantaggio, ma dimostra un gravissimo deficit di analisi: sarebbe stato percorribile in un discorso a due, con il rivale storico Berlusconi, tra l’altro ai minimi storici di consenso, seguendo la logica, per così dire, del contrasto. Ma di fronte alla straripante officina di Grillo bisognava presentarsi ai cittadini con una comunicazione e, soprattutto, con un pacchetto di idee nette e convincenti, anziché oscillare passivamente tra il corteggiamento al centro e il lavoro di rattoppo con i vendoliani, confidando nel senso di responsabilità degli elettori volatili. Il peccato originale di Bersani, però, è un altro ed è ben più grave: il sostegno ideologico, non solo politico, dato al governo Monti. Ed è un peccato davvero “originale”, perché di fatto manifesta la congruenza delle posizioni del partito con le politiche liberiste del professore. Una parte non trascurabile della fiducia data a Grillo esprime un segnale di “protesta”; il campione del sondaggio Censis, però, ha parlato, in maggioranza, di voto di “speranza”. Da Berlino, poco prima della chiusura della campagna elettorale, Bersani aveva detto che avrebbe combattuto il «populismo e il berlusconismo». Questo non può essere lo slogan di un grande partito di sinistra. Non c’è nessuna speranza in uno slogan come questo. Ma solo il tentativo di ripararsi con l’ombrello da un ciclone. Se c’è bisogno di una nuova Bolognina il partito deve essere chiaro e agire in fretta: altrimenti, lo spostamento a destra che contraddistingue, di fatto, i programmi del Pd finirà per produrre una retorica sempre più flaccida e ipocrita, o ipocrita e flaccida, facciano loro: per dirla con Bersani, il più amaro dei populismi.

1 commento:

  1. Mi sembra di ascoltare,nel tuo articolo, qualche "eco"della mazziniana Giovine Italia!Le elezioni sono un dibattimento tra Accusa e Difesa mella Piazza (tribunale) al cospetto di un
    Giudice (il popolo). Dopo la sentenza gli avvocati(i laeders)vanno al bar a bere un caffè!!!!Caro figlio, il governo si farà:PD e PDL,senza Vendola(nel PD) e senza Lega (nel PDL)

    RispondiElimina