sabato 20 settembre 2014

Un sofista al bar

Mi piace andare al bar. A qualsiasi ora. In qualsiasi posto. Quasi sempre per il caffè. Non parlo granché, al bar. Un "buongiorno" cortese a chi sta al banco; in tono più amichevole se in quel bar sono entrato già molte altre volte. Mi piace leggere il giornale, al bar; e ascoltare quello che dice la gente; anche mentre leggo, distrattamente o meno, le notizie sportive. Oggi ero in un bar, a Bologna. Accanto a me, in terrazza, c'era un tavolo con due signore sulla cinquantina, un uomo e un ragazzo. Si parlava (in realtà parlava solo il ragazzo) di scuola e di prof. Nel tempo che mi è servito per fumare una sigaretta, il ragazzo ha detto diverse cose. Che i prof di storia in realtà non insegnano la storia ma fanno politica, perché la storia è il racconto di ciò che è successo, mica altro. Che se uno dice che il fascismo ha fatto anche qualcosa di buono non vuol dire che sia fascista. Che i prof si limitano a sapere la propria materia (neanche bene, a volte: ma ha aggiunto che, come in tutte le cose, c'è chi è meglio e chi è peggio!). Che bisognerebbe che i prof sostenessero ogni anno un esame che certifichi le loro competenze. Che dovrebbero fare di tanto in tanto dei test psicologici. Tutto questo mentre il "pubblico" al suo tavolo (probabilmente madre, padre e zia) taceva. Siccome i tavoli erano tutti pieni e io ero da solo, due attempate vecchiette mi hanno chiesto se potevano accomodarsi al mio. E si sono accese una sigaretta. La mia non era ancora finita, ma sono andato via, tra l'arrabbiato e lo sconfortato. E le attempate vecchiette erano decisamente simpatiche. 

2 commenti:

  1. Ma mi sfugge una cosa: le due vecchiette te lo hanno dato il numero o no?

    RispondiElimina
  2. No, ma in questi casi è facile: stesso posto, stessa ora, ogni giorno.

    RispondiElimina