giovedì 1 maggio 2014

"...cum grande humilitate"

Non starò ad attaccare Bertone sul merito della questione ("malevola") sollevata da Repubblica qualche giorno fa: che viva in un attico di settanta, trecento o settecento metri quadrati non mi interessa; del resto servirà pur a qualcosa essere un Cardinale, o no? Vorrei però soffermarmi sulla logica delle sue confutazioni. "L'appartamento spazioso, come è normalmente delle residenze del Vaticano, e ristrutturato (a mie spese), mi è concesso in uso e dopo di me ne usufruirà qualcun altro": queste sono le parole con cui si difende il prelato. In pratica dice che per le alte sfere della Santa Sede è normale vivere nel lusso; che lui non ci ha rimesso poi tanto, perché l'ha soltanto ristrutturato; che quando deciderà di andar via... l'attico finirà tra gli immobili da destinare alla locazione popolare, oppure sarà abitato da un altro pezzo da novanta del clero. Forse Bertone non ha capito che non deve difendersi da un'ingiunzione di pagamento notificata dai legali del Santo Padre. Il risentimento popolare, giusto o sbagliato che sia, non va tanto per il sottile. A chi protesta - e a questo punto inizio a pensare che i figli di Santa Madre Chiesa saranno accondiscendenti verso il proprio pastore - appare sconveniente che lui viva così. E punto. E che non se ne rammarichi, nemmeno se pungolato, ma anzi lo dia per scontato, accampando motivazioni piuttosto deboli per difendere uno stile di vita che, almeno in apparenza, lo stesso Pontefice si è impegnato a criticare. 

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