Tu ti aggiri impaurito alla ricerca di
segnaletica standard, nella speranza di riconoscere quelle due o tre “specie”
di pastarelle di cui
conosci il nome latino (cassatina siciliensis, per esempio); ma un’attempata
signora ha già iniziato a scrutarti con
disprezzo e, senza che tu faccia in tempo ad accorgertene, ti ha già fregato: il tuo "sto scegliendo”, infatti, equivale a “compro, compro, non si
preoccupi, mi dia almeno una ventina di secondi”. Nel frattempo, ovviamente, il
negozio si è affollato di una dozzina di espertissimi uomini della domenica:
sono tutti dietro di te, quasi ti palpeggiano, hanno fretta, con la macchina in doppia fila, le quattro frecce e i quattro
figli accesi. Purtroppo per
te, quel giorno non ci sono le tue cassatine o gli innocui cannoli. No, quel giorno, al banco della pasticceria, ci sono solo
esemplari in via d’estinzione. Tu ignori tutto di loro: potresti essere
allergico ai loro ingredienti. Sei talmente spaesato che non riesci più a
distinguere dove finisce la crema e dove invece inizia lo stampino. Cerchi di
prendere tempo: “signora, non vedo diplomatici”.
Hai imparato questo termine all'ultima festa di laurea, diversi anni fa, e te lo sei segnato
sull’agenda, ma la signora in nero risponde piccata: “no, la diplomatica non c’è”, sottintendendo 'pezzo d’un caprone
squattrinato'. A questo punto sei già in preda ad una crisi d'ansia: divorato dalla vergogna ti viene in mente di gridare “fermi
tutti, questa è una rapina” e portarti via la cassa; almeno penseranno che
stavi fingendo di comprare e che sei in realtà un delinquente senza scrupoli, uno forte
insomma. Ma non puoi farlo, perché la dozzina di accademici che è alle tue
spalle è talmente incazzata con te che ti placcherebbe all’istante e ti
prenderebbe volentieri a pugni. Senza più ritegno, ormai, inizi a dire quello
che in quel negozio è concesso solo ai bambini più facoltosi: punti l’indice e
inauguri una serie di “mi dia uno di questi”, con gli occhi bassi e un filo di
voce. Per te ogni pezzo è “uno di questi”; così facendo, però, involontariamente susciti l’ira funerea della tetra signora che, in cerca di una tua conferma con la
testa, è costretta a puntellare con la pinza le sue infinite schiere di
dolcetti, rompendo per sempre l’ordine
geometrico della sua vetrina. A un certo punto, presa dalla smania di
liquidarti, inizia a incalzarti: “ci mettiamo anche due di questi?” e tu non
puoi che annuire inerme. Prendi di tutto. Quando è a metà dell’opera, lo spettro in gonnella proferisce le ultime, arcane parole: “quanti ne facciamo”? Tu
vorresti utilizzare un numero naturale maggiore di zero, come il “15” (siamo cinque, tre a
testa), ma sai che non puoi dire così. E
inizi a rimuginare: dovrò esprimermi in metri? In litri? In etti? In ampere? Le
pensi tutte. Poi dici: “un pochettino di più di una dozzina” ,
aggiungendo – sventurato! – “siamo cinque, più o meno tre a testa”. E lei, incrociando lo
sguardo compiaciuto della folla imbestialita alle tue spalle, ti risponde: “ma
in questo vassoio sono pochini”. Se anziché accatastarli in verticale su metà dell’ettaro
di superficie disponibile li avesse lasciati pascolare allo stato brado tu ora
saresti salvo. Ma non puoi in nessun modo permetterti di chiederle di
passare a un vassoio più piccolo e così le dici, con l’ultimo orgoglio
rimastoti in faccia (e in tasca) “e allora lo riempia di questi altri, faccia lei”,
concedendole il tanto atteso trionfo: un kilo e due di pasticcini per un totale
di 26 euro.
domenica 27 gennaio 2013
Negozi imbarazzanti: la pasticceria
Ci sono certi negozi in cui
faccio fatica ad entrare. Il primo che mi viene in mente è
la pasticceria. Ora: io non capisco perché, se vai dal gelataio a comprare una
vaschetta di gelato, ad ogni gusto o qualità corrisponde un nome preciso (“quest’oggi
ho proprio voglia di croccantino!”,
puoi dire, anche se non hai la minima idea di come sia fatto il croccantino); mentre un pasticciere non ti vende cose identificabili, ma esseri viventi indifferenti alla storia, nichilisti e
plutocratici, e soprattutto senza nome. Mentre varchi la soglia della porta inizi a sudare: hai paura di dover pronunciare
qualcosa in francese, con tutte quelle e chiuse
alle 12 del mattino, appena sveglio (perché è domenica, s’intende). Quasi quasi
rinunceresti, ma non puoi, perché non si va ospiti senza portare nemmeno un
presente e il fioraio è già chiuso e in zona non c’è uno di quei gelatai poco sofisticati, oppure c’è, ma siamo a Dicembre e
l’ultimo fior di latte prodotto è di Ottobre. Entrato, dopo pochi passi ti
trovi di fronte una vetrina larga sei metri, alta due e profonda tre.
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Ti immagino mentre ti muovi in quella pasticceria. Immagino gli accademici e la signorona. Immagino la tua tragicommedia domenicale. Fantastico. Lu
RispondiEliminaProfessore... le insegno io ad andare in pasticceria! Bisogna essere sicuri! Mai mostrare incertezze e debolezze! Due vassoi sempre piccoli: Salto e dolce!
RispondiEliminaPerò vede quando scrive della sua paura di fronte alla vetrina vastissima è la paura della scelta! Molti si lamentano dicendo '' a non potevo scegliere'' non è mai vero c'è SEMPRE una scelta, sta solo a noi prenderla in modo coraggioso e deciso!
P.S: Non si spaventi per due pasticcini e i cattolici della domenica c'è ben di peggio :)